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Era meglio la lira o l’euro? O forse stiamo guardando nel posto sbagliato…

  • Immagine del redattore: Giovanni Viola
    Giovanni Viola
  • 5 ott
  • Tempo di lettura: 2 min

Si sente spesso dire:


“Con la lira si comprava di più. Con 1000 lire prendevi il caffè, oggi con 50 centesimi non ci arrivi.”


Ma il problema non è la moneta. È che il lavoro vale sempre meno.

Nel 1970, un mese di lavoro ti dava 120 grammi d’oro. Nel 1985, 56 grammi. Nel 2025, solo 20 grammi.


Ora fermiamoci un attimo.


Per capire davvero l’importanza di questo dato, dobbiamo smettere di guardare all’euro come ci hanno sempre insegnato: come l’unico punto di riferimento della nostra ricchezza.


È un errore pensare di arricchirsi con uno strumento di pagamento come l’euro.

I veri ricchi lo sanno bene: non si tratta di accumulare denaro, ma di spendere il denaro per acquisire beni che generano rendite, come immobili, terreni, azioni o investimenti di qualità.


Viviamo nell’epoca di internet, automazione, intelligenza artificiale. Abbiamo strumenti che ci permettono di comunicare in tempo reale, lavorare più velocemente, produrre di più.


Eppure… guadagniamo meno.


Paradossalmente, dovremmo guadagnare come prima, se non di più. E avere anche più tempo libero.


Ma allora, tutto questo valore generato…

💸 Dove è finito? 

💼 Chi lo incassa? 

📉 Perché non arriva a chi lavora?


In un mondo dove il valore del lavoro si dissolve, la vera ricchezza resta quella che coltiviamo dentro di noi: il coraggio di reagire, la passione per costruire, e la determinazione a non lasciare che il tempo ci scivoli tra le dita. Non è solo una questione di denaro, ma di dignità, di scelte consapevoli e di un futuro che possiamo ancora plasmare insieme.


👉 Scrivilo nei commenti. E se vuoi capire come proteggere il tuo tempo, il tuo reddito e il tuo futuro, guarda il videocorso gratuito sul sito di Investitore Pro.


Il disegno racconta la storia del valore del lavoro che, un tempo rappresentato da un pugno forte e un lingotto d’oro, è sceso nel tempo come indica una freccia discendente. Oggi il valore si traduce nell’euro, simbolo meno tangibile e più sfuggente, rappresentato da una mano aperta che riceve poco. La domanda “Dove è finito?” invita a riflettere su questo cambiamento profondo.

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